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Pronto soccorso pieno di persone, molti codici bianchi che si lamentavano delle lunghe ore di attesa, ma che non è ascrivibile al personale tutto impegnato a dare assistenza a tutti, dalla persona incaricata della prima accoglienza, agli infermieri, ai medici che avevano la scrivania piena di carte e di casi per i quali aspettavano la risposta di referti vari o semplicemente di avere quell’attimo di respiro per dimettere i pazienti refertati. Se c’è un appunto che si può fare è se per quel reparto il personale è sufficiente o se occorrerebbe aggiungere della forza lavoro, ma questo è un altro discorso da riprendere anche in altre sedi. Quello che mi premeva sottolineare, che come il morso del cane, il lavoro di queste persone fa “poco notizia”. Si parla di loro solo quando sbagliano o quando succede qualche caso di malasanità, ma di queste persone, delle quali ho potuto, ieri pomeriggio, apprezzare il servizio, fanno tanta buona sanità e nessuno ne parla mai. Della buona sanità che deve esserci da parte del personale medico ha parlato proprio ieri Papa Francesco, quando, argomentando sulla necessità di accogliere la vita fin dal concepimento ad un gruppo di medici ginecologici ha concluso:

La credibilità di un sistema sanitario  non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita sempre è sacra e inviolabile”. Una frase che non vale solo per chi si occupa dell’inizio o della fine della vita e che quindi si può estrapolare e farla diventare un invito alla buona sanità. Da tecnico di sistemi di qualità mi chiedo: come si fa a misurare l’attenzione e l’amore che il personale sanitario da alla gente che assiste e quindi la credibilità di un sistema sanitario? Di certo, ha ragione il papa, l’attenzione e l’amore per i pazienti sono il parametro chiave della buona sanità di un sistema sanitario che è fatto da persone che amano e da persone che hanno bisogno di essere amate.