Movimento operaio
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Se si escludono gli sforzi pionieristici, isolati e un po’ ingenui, del socialismo utopistico, le prime organizzazioni avevano prevalente carattere di tutela sindacale e di mutuo soccorso, ma dovettero in primo luogo battersi per lo stesso diritto di associazione: le Trade Unions lo ottennero in Gran Bretagna fin dal 1824, seguite soltanto nel 1864 dalle prime leghe francesi e nel 1869 da quelle tedesche. Tra i due momenti si inserirono le rivoluzioni del 1848 , nelle quali si schierò in prima fila il proletariato urbano, ancora in gran parte disorganizzato, di tutti i paesi coinvolti e la nascita del socialismo scientifico, che per primo volle dare agli operai coscienza di sé, capacità organizzativa e fini universali, in una classe distinta dal resto della società e contrapposta alla classe capitalistica detentrice del potere economico e politico.


Da quando questo programma dette vita alla prima Internazionale, nel 1864, col termine movimento operaio si intesero prevalentemente le organizzazioni di ispirazione anarchica e socialista. Si creò in tal modo una grave confusione tra definizione di movimento operaio fondata sul radicamento sociale , il lavoro salariato in quanto tale, e definizione fondata sull’ispirazione ideologico politica. Questa confusione fu in seguito fonte di atteggiamenti settari e di gravi contrapposizioni all’interno del movimento operaio internazionale e di ciascun paese, divisosi in tronconi distinti a seconda delle matrici culturali e delle finalità politiche più o meno apertamente perseguite.


Già la prima Internazionale, dopo la sanguinosa prova della Comune di Parigi, nel 1871, finì per sciogliersi proprio a causa delle divergenze tra anarchici e socialisti. In ciascun paese in realtà nascevano organizzazioni sindacali e assistenziali anche al di fuori di questo filone, soprattutto per iniziativa del cosiddetto socialismo cristiano e delle chiese, nacquero così la YMCA, Young Men’s Christian Association, nel 1844 in Gran Bretagna e gli Istituti di Bethel negli anni settanta in Germania. In quel periodo anche in Italia, oltre alle società di mutuo soccorso di ispirazione laica e mazziniana, sorsero, grazie all’ Opera dei Congressi, quelle di matrice cattolica.
Ma ciò che soprattutto distingueva i due filoni principali del movimento operaio era che quello cristiano perseguiva scopi esclusivamente assistenziali e caritativi di promozione umana della persona, senza mettere in discussione l’ordinamento della società, mentre nel filone socialista prevalevano i fini sindacali e politici di partecipazione collettiva sia alla lotta per l’emancipazione del lavoro, sia per la partecipazione al potere politico in funzione antiborghese. Questa connotazione di classe si espresse nella creazione dei partiti socialisti prima e dopo la nascita della seconda Internazionale (1889). Questa fu nettamente egemonizzata dal Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), modello di organizzazione di massa capace di incidere profondamente sulle condizioni di vita civile dei lavoratori e sulla legislazione sociale, mentre sui rapporti di forza con gli imprenditori esercitavano il loro determinante peso i Liberi Sindacati Socialisti (1895) di cui si rivendicò invece la apoliticità, nel congresso di Colonia, 1905.

Mentre il Partito Operaio Socialdemocratico Russo era costretto a nascere in clandestinità, nel 1898, e a esercitare solo una ristretta influenza, quel modello venne approssimativamente imitato in Francia, dove il Partito Operaio, fondato nel 1879, e un Parti Socialiste Révolutionnaire , fondato nel 1890, si fusero nella Section Française de l’Internationale Ouvrière (SFIO) nel 1905, mentre dal 1895 la Confédération Générale du Travail  aveva raccolto in un’unica organizzazione le bourses du travail locali e varie associazioni di categoria.
Analogo processo diede vita in Italia al Partito Socialista Italiano, nel  1892, e alla CGL, nel 1906,, mentre su ampie fascie di lavoratori una forte incidenza veniva esercitata dalla dottrina sociale della chiesa, interclassista e moderata, alla quale si ispirarono i sindacati cosiddetti bianchi sia in Francia che in Italia, nonché la Internazionale Cristiana, fondata nel 1908.

Molto diverso in Gran Bretagna il variegato sviluppo del Trade Union Congress (1895), che raggruppò diverse leghe sindacali di mestiere e di categoria le quali mantennero gran parte della propria autonomia, non di rado corporativa, e del Partito Laburista (Labour Party, 1906), a sua volta federazione sia di sindacati, sia di gruppi politici a carattere locale o di diversa matrice ideologica.
Ancora più difficile e contrastato il processo di organizzazione negli Stati Uniti. In quell’immenso paese alle differenze ideologiche e professionali si sovrapponevano, spesso ancor più gravi e volutamente approfondite dalla propaganda padronale, le differenze etniche e culturali. I Knights of Labor , cavalieri del lavoro (1869), la National Farmers’ Alliance (1873), il Socialist Labor Party (1877), il People’s Party (1891) furono tentativi di unificazione che lasciarono il passo all’American Federation of Labor (1886), organizzazione sindacale fortemente tesa alla difesa delle aristocrazie operaie anglosassoni, mentre un’organizzazione politica di stampo operaio con aspirazioni di classe non riuscì mai a decollare.
Gli interessi politici delle lobbies dei lavoratori salariati furono in seguito sempre mediati all’interno dell’eterogeneo Partito Democratico. La prima guerra mondiale disintegrò la Seconda Internazionale e la rivoluzione d’ottobre in Russia (1917) prospettò una nuova via, sia di organizzazione sia di scopi, dettata dai bolscevichi al movimento operaio di matrice socialista, che da quel momento si spaccò in modo apparentemente inconciliabile tra socialisti e comunisti. Solo per breve tempo i due tronconi si trovarono fianco a fianco, non senza tempestosi contrasti e pause drammatiche, nella lotta al fascismo con i fronti popolari alla metà degli anni trenta e nella Resistenza nei primi anni quaranta.


Dopo la Seconda Guerra Mondiale e lo scioglimento anche della Terza Internaionale, o Comintern, di obbedienza sovietica, la spaccatura fu resa insanabile dalla guerra fredda, che portò alla scomparsa dei socialisti, fagocitati dai comunisti nei paesi satelliti come era già avvenuto nell’URSS staliniana, e a quella dei comunisti, ridotti a mera testimonianza e supporto della politica sovietica, nei paesi dell’Europa occidentale, con due sole eccezioni, la Francia, dove il PCF ebbe grande forza e influenza, anche tramite la CGT, fino a tutti gli anni sessanta, declinando poi a gruppo marginale per l’incapacità di rinnovarsi, e l’Italia, dove il PCI continuò a essere la forza egemone in tutte le articolazioni del movimento operaio (CGIL, Lega delle Cooperative, ARCI, UISP, UDI, ecc.) e il maggior partito d’opposizione fino a quando, già in precedenza svuotatesi di braccianti le campagne, negli anni ottanta l’incidenza dei lavoratori salariati di fabbrica cominciò a declinare.


Gran parte delle organizzazioni alle quali il movimento operaio internazionale aveva dato vita nel corso di un secolo si trasformarono, restringendo sempre più l’arco dei propri interessi e della rappresentanza. Lo stesso concetto di classe sul quale si era poggiato il movimento operaio di matrice socialista e che, in Italia, aveva lambito anche le organizzazioni cattoliche, ACLI e CISL, negli anni sessanta e settanta, fu messo radicalmente in discussione. Ovunque, e soprattutto nei paesi asiatici di nuova industrializzazione, sembrò prevalere il modello statunitense delle organizzazioni degli interessi per lobby o quello aziendalistico paternalista esistente in Giappone, mentre le caratteristiche nazionali che avevano sempre frustrato ogni ambizione internazionalista ebbero un deciso sopravvento.