Il sogno italiano
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(Immagine da: http://community.showfarm.com/web/tualet/home/sfblog/000007200811101/Il_sogno_americano)

(Articolo pubblicato in: La Discussione, 06/04/2006)

Un po’ per fare il verso a Jeremy Rifkin e un po’ per riflettere sulla esistenza in vita di un sogno italiano, mi chiedo chi darà anima e sostanza a quel sogno. Certamente non i principali leader dei due schieramenti polititici, impegnati a scrivere, alla giornata, il copione di questa melassa lagnosa di propaganda elettorale. Di certo ci rassicuravano di più i confronti a cui potevamo assistere nelle Tribuna Politica di Iader Iacobelli, anche con tutti quei politici di professione, che spesso parlavano con forti inflessioni dialettali, a volte al limite della comprensibilità linguistica, i quali erano comunque profondi conoscitori del paese, che si bagnavano volentieri tra la gente, magari esponendosi anche a qualche fischio. Quand’anche fossero stati Storti, Malfatti e Piccoli, nessuno se ne accorgeva più di tanto perché di loro si percepiva soprattutto l’enorme bagaglio culturale e la forte abilità progettuale e programmatica. Quella generazione di politici di razza lo aveva un sogno italiano, anzi ne ebbero tanti, da principio una distribuzione più equa delle terre, un lavoro dignitoso e in patria, la casa per tutti, l’istruzione e un sistema di protezione sociale adeguato, e tutto fu realizzato da governi a guida democristiana, secondo i migliori canoni di una società civile laica, ispirandosi di fatto al principio socialista di responsabilità collettiva.
I nuovi leader usciti dal cilindro di un mago perverso, ci dicono che i nostri sogni devono essere la flessibilità delle politiche del lavoro, politiche sociali più leggere, minore pressione fiscale e la crescita del PIL. I politici desaparecidos sotto i colpi di Tangentopoli hanno lasciato il paese in mano ad un manipolo di manigoldi che dopo aver consentito il saccheggio indiscriminato del patrimonio statale e aver compromesso i principali strumenti di tutela sociale, si sono di fatto disinteressati della politica, prova inappellabile ne è il declino dell’intero sistema Italia a partire dal 1994. La stessa introduzione dell’Euro è avvenuta all’insegna della privatizzazione, sotto i buoni auspici della guida di Romano Prodi, controllata da una banca privata, la BCE, che fissa arbitrariamente il tasso di interesse secondo obiettivi di cui è giudice unico.
Keynes si starà rivoltando nella tomba, il famoso premi Nobel per l’economia aveva infatti immaginato per il dopoguerra un sistema in cui le grandi nazioni non sarebbero state costrette a privilegiare gli accordi commerciali rispetto alla piena occupazione, in un quadro di armoniosa coesistenza tra libero scambio e sistema di tutela garantito dalle istituzioni finanziarie internazionali. La sintesi di questi principi veniva espressa magistralmente da Alcide De Gasperi nei tre punti caposaldo del programma della Democrazia Cristiana, Libertà, Solidarietà, Mercato. Il sistema keynesiano, reso operativo dal New Deal, trasformò gli Stati Uniti nella locomotiva che tirando il resto del mondo ha assicurato decenni di crescita e prosperità. La controrivoluzione barbara (come definita dall’economista Walter Rostow), avviata negli anni ’80 dall’avvento della scellerata Reaganomic e dal Tatcherismo, ha compromesso, forse per sempre, quegli equilibri, instaurando un superstato economico mondiale ispirato ad una visione prekeynesiana, accettato e benedetto in Italia dai famosi cospiratori del “golpe dai guanti di velluto” che portò alle epurazioni di stampo stalinista di Tangentopoli.
L’intera Europa si è messa il freno con il patto di stabilità che obbliga i paesi membri a contenere il deficit di bilancio ad un livello bassissimo. I paesi più poveri dell’Unione non possono prescindere da questa regola per industrializzarsi, come sta facendo la Cina, non possono contrarre prestiti per le proprie spese per infrastrutture, come fanno ad esempio gli stati USA che costituiscono a questo scopo dei bilanci specifici.
E quindi, per tornare a Rifkin, non ci sarà nessun sogno europeo e tantomeno un sogno italiano se l’economia e la politica continuano ad essere pensate dai servitori delle grandi lobbie internazionali. Ritengo sia giunto il momento per i moderati di percorrere la strada chiaramente indicata, a suo tempo, da Sturzo e De Gasperi, verso un forte Partito Popolare Europeo.
(N.d.A. Concludo con una precisazione sul libro di Rifkin, nel quale trattando del sogno europeo cita una sola volta Robert Schuman, una volta Konrad Adenauer, zero volte Alcide De Gasperi e ben quattro volte Romano Prodi, figuriamoci un po’!)

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