La questione morale nel PD
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Sulla questione morale nel PD
(Vignetta da: www.attracco.it/fumetti%206/viaXattracco.jpg)
(Vergogna a quelle pecore sciocche che, lanciando monetine a Craxi davanti all’hotel Raphael il 30 aprile 1993, contribuirono servilmente ad annientare la democrazia italiana. Nda)

La questione morale ha travolto come un’ondata anche il PD, finalmente, verrebbe da dire, se fossimo degli squallidi qualunquisti assetati di sola vendetta. Ma da cittadini, prima di ogni altra categoria, non possiamo che essere preoccupati per l’esponenziale declino cui si è esposta la politica dopo la tristemente famosa operazione “mani pulite” degli anni ’90 del XX secolo.
E allora credo sarebbe più utile, quand’anche non più maturo, individuare le cause che rendono fragile il sistema, eliminarle e riorganizzare rapidamente la macchina della politica.
La causa prima fu Tangentopoli, questo movimento giacobino-golpista che decapitò in pochi mesi l’intera classe dirigente politica italiana, ma quella operazione giustizialista avrebbe potuto essere una risorsa, se il golpe bianco non si fosse compiuto, fino alle estreme conseguenze, ad opera del movimento guidato dai “referendari di Segni”, i quali sull’onda emozionale degli scandali di quegli anni indusse il popolo a votare una riforma che ha portato all’attuale sistema di elezione dei deputati su base maggioritaria uninominale.
O meglio, l’operazione, di sapore fortemente piduista, ha portato a parlamenti quasi preconfezionati, con deputati nominati dalle segreterie nazionali ed eletti solo in virtù della posizione che viene loro assegnata di volta in volta nelle schede elettorali, azzerando di fatto ogni possibilità di selezione dei migliori all’interno di ogni partito politico. Questi sembrano, purtroppo, parlamenti di tipo sovietico o fascista.
I partiti da taglieggiatori del mondo imprenditoriale sono diventati dei “sovvenzionati”, e quindi servi degli imprenditori, così recita un recente rapporto giudiziario. Ma la politica ha dei costi naturali, e se non è finanziata dai cittadini, in qualsiasi forma lecita, va a cercare le risorse là dove sono disponibili. Mentre nella Prima Repubblica molti denari le provenivano dai fondi neri delle partecipazioni statali e da finanziatori esteri, oggi la politica si è venduta ai grandi potentati finanziari, che ovviamente ne influenzano le scelte con un comportamento lobbistico sempre più simile a quello in vigore negli USA.
La prima conseguenza è stata la scomparsa di qualsiasi parvenza di organizzazione democratica nelle sezioni locali e nelle segreterie nazionali.
Purtroppo, come sentivo dire molto realisticamente pochi giorni fa in una riunione di esponenti di partiti di centro destra, questo sistema sembra funzionare, perché gli elettori “ci seguono”.
Io penso, paragrafando un po’ De Mita che invitava il PD a sciogliersi (si veda in proposito: http://www.corriere.it/politica/08_dicembre_13/fabrizio_roncone_intervista_de_mita_questione_morale_pd_dovrebbe_sciogliersi_576570c2-c8cc-11dd-ae8d-00144f02aabc.shtml), che a condanna avvenuta di uno qualsiasi dei “nominati” dovrebbe essere il segretario che lo ha scelto a dimettersi, in una sorta di patronage responsabile, perché se a questi signori non è bastevole nemmeno avere il potere assoluto sulle decisioni relative alle candidature cosa potranno chiederci in futuro, se non il potere dittatoriale vero e proprio.
Ovvero, dato che è il sindaco a scegliere gli assessori, il sindaco di Napoli, dovrebbe trarre le conclusioni delle conseguenze delle sue scelte e dimettersi, perché ha fallito.
Se proprio questi signori vogliono essere dei monarchi che nominano i feudatari locali, lo facciano almeno da uomini, costretti all’onorabilità da un contratto sociale o da una legge, oppure si torni almeno al voto di preferenza, in modo che la colpa o il merito della scelta sia del cittadino elettore, comunque vadano le cose.
Ovviamente immagino sia chiaro che la mia riflessione è rivolto all’intero arco costituzionale.
Non si può più tollerare questo stato di assenza di ogni diritto democratico, a partire da quello di voto, soprattutto per quelli che come il sottoscritto hanno per anni avversato i sistemi totalitari di stampo marxista. Non è più accettabile che chiunque possa sedere su uno scranno parlamentare senza che gli sia richiesta la conoscenza di un bel nulla o il possesso di un titolo di studio idoneo. Il parlamento sembra divenuto quasi un luogo di ricollocazione di personaggi che sono stati trombati dalla vita, che hanno fallito qualsiasi altra carriera.
Così come non si può più tollerare il linciaggio qualunquista esercitato dalla stampa e dagli spacciatori di luoghi comuni a danno della politica, che come sosteneva De Gasperi è una delle attività più nobili dell’uomo. Sturzo la definì semplicemente “l’arte di amministrare la cosa pubblica”.
Quello che ci aspetta, se non ci riappropriamo del diritto alla politica, è lo smontaggio, pezzo per pezzo, dello Stato e il definitivo avvento dei vari Grillo, Di Pietro, leghe, ecc., i quali saranno governatori del nulla che sarà rimasto, padroni solo di tutto il ridicolo che ci saremo buttati addosso, apostoli della povertà, prima fra tutte quella intellettuale.
Veramente la grande civiltà italica si merita questo qualunquismo?

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