Referendum 2016: un poderoso cavallo di Troika
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I governi Monti, Letta e Renzi, quest’ultimo protagonista del patto del Nazareno con Berlusconi hanno preparato pazientemente l’imboscata finale, il cuore stesso di questo referendum, l’assalto al ricco bottino costituito da reti elettriche, acquedotti e gas.

Il Presidente uscente degli USA ha implicitamente, ed esplicitamente, appoggiato le riforme costituzionali che saranno sottoposte al referendum confermativo del 4 dicembre 2016, specialmente il cavallo di battaglia del fronte del si, il superamento del bicameralismo, ma incoerentemente, perché in quella repubblica federale il potere legislativo è esercitato secondo un sistema bicamerale, Camera dei Rappresentanti e Senato, secondo un sistema vigente anche in tutti i suoi stati, con unica eccezione del Nebrasca. Obama ha appoggiato una specie di riforma del sistema italiano che in buona sostanza modifica l’iter di formazione delle leggi, attuando un processo farraginosissimo, che prevede la riduzione dei deputati, come auspicato dal programma della Loggia P2 di Gelli[1], senza di fatto neanche sopprimere il Senato ma complicandone in modo perverso il funzionamento e le competenze, riportandone la nomina dei membri a un sistema praticamente identico a quello in vigore sotto lo Statuto Albertino, in epoca sabauda, quando i senatori erano nominati dal Sovrano, che ne sceglieva i membri tra i rappresentanti di una élite, con funzione di garanzia dei privilegi dell’aristocrazia. Ma non è questo l’aspetto che più mi ha disturbato. Allora potremmo discutere della soppressione del CNEL, decisione persino peggiore dei più temibili passaggi del programma di Rinascita Democratica, ancora Loggia P2.

E non è ancora questo l’argomento. Quindi ci sarebbe l’altra modifica della Costituzione italiana quella che consentirebbe di sopprimere definitivamente le Province, per poi mettere le mani anche sulle Regioni preventivamente private di parte fondamentale delle loro potestà, secondo un ben noto piano di creazione di macroregioni, tanto caro alla Fondazione Agnelli e alla Loggia P2[2], in spregio, certamente, dei principi tanto sbandierati di decentramento e sussidiarietà, secondo una logica in contrasto pieno con la riforma costituzionale del 2001[3]. Anche per questa parte del quesito referendario i maestri statunitensi sono cattivi maestri, poiché gestiscono il decentramento territoriale attraverso un apparato affatto snello incentrato sulle contee, dove operano le commissioni di contea. Quindi non si comprende da che pulpito i cugini mandanti d’oltreoceano continuino a predicare a noi lo snellimento delle istituzioni mentre loro mantengono un apparato statale gigantesco e ben distribuito sul territorio, per non parlare di quello militare, impegnato a combattere guerre in mezzo mondo.

Ma il vero cavallo di Troia, l’ordigno in grado di assestare all’Italia forse il colpo di grazia, è stato celato sapientemente dentro alla modifica del Titolo V della Costituzione[4], analizzata in modo frivolo da quella stampa che è impegnata a creare il consenso. Questa modifica, in realtà un complesso di cambiamenti sostanziali, parrebbe incentrata principalmente su una nuova ripartizione di competenze tra Regioni e Stato centrale, certamente a vantaggio di quest’ultimo, anche grazie alla famigerata clausola di supremazia introdotta dal nuovo articolo 117[5], secondo la quale lo Stato potrà espropriare una materia che la Costituzione attribuisce alle Regioni[6]. Al momento le materie legislative sono divise in tre grandi settori, di competenza dello stato, di competenza concorrente, cioè mista Stato Regioni e materie non nominate esplicitamente, che sono di competenza delle regioni.

In realtà con la modifica nel 2001 dell’art. 119 venne di fatto cancellato il diritto delle Regioni a disporre di un proprio demanio e patrimonio, essendo stato abrogato il quarto comma. La riserva per lo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento di Comuni e Città metropolitane e la modifica del c. 6 dell’art. 117 della Costituzione compromette la loro autonomia organizzativa[7], aprendo la strada all’attacco a quello che ritengo uno dei principali obiettivi di questa riforma, ovvero il saccheggio mediante privatizzazione delle aziende pubbliche locali dei servizi.

L’operazione è in vero stata opportunamente preparata anche per mezzo del famigerato, quanto inutile, decreto Sblocca Italia[8] e con la legge di stabilità approvata alla fine del 2014, apparati normativi che prevedono che le risorse incassate dagli Enti locali in caso di vendita di quote societarie di aziende partecipate dagli stessi possono essere utilizzate al di fuori dai vincoli del patto di stabilità. In sintonia con quell’apparato legislativo si promuovono processi di acquisizione e fusione da parte delle grandi aziende multiservizio quotate in Borsa, sempre più privatizzate, come Iren, A2A, Hera e Acea. Cassa Depositi Prestiti, presieduta dall’ex Goldman Sachs Claudio Costamagna, con il suo Fondo Strategico ha messo a disposizione 500 milioni per acquisire azioni dai Comuni.

Già con il referendum del 2011 sulla gestione pubblica dell’acqua il Governo propose un quesito truffaldino al popolo italiano, il quale credette di votare per la salvaguardia dell’acqua pubblica, mentre votava per l’abrogazione dell’articolo 23 bis del decreto legge 112 del 25 giugno 2008, che al suo punto 5 affermava che “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”, abrogando il quale si è resa di fatto possibile la vendita degli acquedotti, essendo venuto meno il principio della proprietà pubblica.

I governi Monti, Letta e Renzi, quest’ultimo protagonista del patto del Nazareno con Berlusconi, dopo aver svenduto all’asta Poste Italiane, Telecom, Eni, Enel, Finmeccanica, ecc., hanno preparato pazientemente l’imboscata finale a quello che fu uno dei più grandi patrimoni pubblici al mondo, l’assalto al ricco boccone costituito da reti elettriche, acquedotti e gas.

Tuttavia le reti dalle quali dipendono quei servizi non sono dello Stato, appartengono ai Comuni e alle Regioni, quindi bisogna cambiare il Titolo V della Costituzione per espropriarli ai legittimi proprietari. A quel punto, effettuato lo scippo in favore dello Stato, che diventerebbe così monopolista, l’Unione Europea, in forza della normativa comunitaria sulla concorrenza nei servizi, sarà costretta ad avviare un procedimento di infrazione a carico dell’Italia, la quale per non pagare una mega multa sarà “obbligata” ad ubbidire alle sanguinose regole europee, quindi lo Stato sarà obbligato a vendere tutto quello che avrà sottratto agli enti locali. E chi sarà in grado di acquistare assets patrimoniali di tale entità se non le grandi multinazionali.

E così, mentre l’Italia continua ad affondare, nelle stanze del potere si prosegue nella organizzazione di incontri con uomini d’affari e fondi sovrani per svendere il rimanente dei beni di famiglia.

Lo diceva anche Franco Bassanini, un tempo uomo della sinistra, socialista prima, comunista poi, folgorato sulla via di Damasco dalle ragioni della finanza internazionale, oggi Special Advisor del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi[9], “L’Italia è stata colpita dalla crisi più di altri paesi … quindi, in Italia, oggi si possono fare investimenti e finanziamenti a condizioni molto favorevoli, ci sono ottime opportunità di investimento, in Italia”.

Mi torna in mente la battuta di Crozza “Renzi sta facendo la sua fortuna con lo stesso programma di attacco alla Costituzione che portò Gelli in galera”, ma se leggessimo con attenzione il piano della Loggia P2 potremmo verificare che al confronto di quello che hanno fatto all’Italia dopo Tangentopoli (dopo il 1994), specialmente gli ultimi governi, quello era un simpatico scherzo goliardico.

Il Paese è ormai prossimo al suo tragico redde rationem, ma senza rassegnazione. Ritengo che lo smantellamento di ulteriori diritti sociali fondamentali potrebbe innescare una reazione di autotutela, tra l’altro prevista dal principio di autodeterminazione dei popoli, espressione del diritto di un popolo sottoposto a dominazione straniera, in questo caso delle multinazionali, a riappropriarsi dell’indipendenza[10].

[1] Cfr., Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, Doc. XXIII, n. 2-quater/3/VII-bis;

[2] Ibidem, Medio e lungo termine, punto a4, III;

[3] Questa riforma costituzionale non comporterà l’automatica soppressione delle Province, le quali continueranno ad esistere in forza della L. n. 56/2014, la c. d. legge Delrio, fino alla approvazione di una nuova normativa, che potrebbe decretarne la soppressione o la permanenza sotto altra forma;

[4] Come riformato con L. Cost. 3/2001;

[5] Cfr., Stelio Mangiameli, Titolo V- Il nuovo art. 117, in www.issirfa.cnr.it, aprile 2015, par. 2, preferisce la definizione di “clausola di flessibilità”;

[6] Nel 1994 la Germania ha modificato la propria Costituzione per impedire che la competenza degli Stati membri fosse facilmente espropriata dal parlamento nazionale;

[7] Cfr., Gian Candido De Martin, Il rischio crescente di autonomie finte, Relazione al Convegno di studi in memoria di Sergio Zambardi – Venezia 3/X/2014; Gian Candido De Martin, L’autonomia e le differenziazioni regionali. I nodi pendenti, in www.rivistaic.it, 4/2015, 6;

[8] D. L. n. 133, 12 settembre 2014 detto ”Sblocca Italia”, coordinato con la Legge di conversione, Legge 11 novembre 2014, n. 164, recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività’ produttive“, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 262 dell’11 novembre 2014;

[9]Cfr., https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Bassanini

[10] Questo principio è garantito da una norma di jus cogens di diritto internazionale generale inderogabile, in grado di produrre effetti giuridici nei confronti di tutta la Comunità degli Stati.

English version

Italy, Confirmatory Referendum 2016, a Massive Troika Horse. Would Have Returned to the Statuto Albertino Eras.
Abstract

The real Trojan horse, the weapon able to give Italy maybe the coup de grâce, has been carefully hidden in the amendment of Title V of the Constitution, proposed in the confirmatory referendum 2016 for the ratification of a constitutional amendment, frivolously analysed by a press that has been committed to creating a consensus, rather that analysis, operation also properly prepared through the infamous, as useless, Decree Unlock Italy and with the stability law passed at the end of 2014.

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