Terni, la lenta agonia di un polo universitario malprogettato.
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Lenta morte

Il modus operandi è ormai quello di un seriale. Ovvero, prima si registra un insuccesso, quando non un disastro, quindi una associazione più o meno vicina alla maggioranza di governo di turno convoca una sorta di “stati generali”. La stessa cosa era stata fatta dopo la tragica scoperta del furto e distruzione di tutti i materiali per il museo di archeologia industriale, in quell’occasione erano stati convocati gli stati generali di tutte le associazioni sotto il coordinamento di un famoso docente di archeologia industriale, che tanto aveva fatto per il patrimonio cittadino. E così venerdì 17 giugno l’Associazione culturale per Terni città universitaria, presieduta da Ciano Ricci Feliziani, già Presidente del Consorzio di Medicina di Terni, ha riunito gli ennesimi stai generali. Nell’occasione è intervenuto il Presidente del Centro Studi Malfatti, Cav. Edoardo Mazzocchi, il quale in un intervento straordinariamente pacato, adatto alla circostanza, ha ribadito quanto da noi affermato nello scorso mese di maggio in un comunicato stampa, ovvero che il polo universitario ternano ha ragione di esistere se e solo se sarà in grado di puntare su corsi innovativi, evitando di creare ad ogni costo inutili doppioni dei corsi che già hanno sede presso la sede perugina dell’ateneo, e se sarà in grado di realizzare una concreta programmazione strategica, cancellando l’insensata dislocazione sul territorio di sedi universitarie sparpagliate, difficilmente raggiungibili dai fruitori e prive dei servizi essenziali. Un ruolo fondamentale potrebbe essere giocato in proposito dall’area ex Bosco, centrale e vicina alla stazione ferroviaria, per la quale si stenta tuttavia da decenni a trovare una missione e che anzi nei prossimi mesi potrebbe essere oggetto di una insensata speculazione edilizia, insieme alla limitrofa area ex Camuzzi. Se le ragioni dei palazzinari a Terni sovrastano quelle del bene comune la città può tranquillamente dire addio non solo all’università ma a ciò che resta del suo ormai misero apparato produttivo.

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