40 anni e sentirli
Print Friendly, PDF & Email

Lo statuto speciale garantisce un’ampia autonomia, soprattutto finanziaria, infatti il Friuli-Venezia Giulia trattiene per sé il 60% della maggior parte dei tributi riscossi nel territorio regionale, la Sardegna il 70%, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige il 90%, la Sicilia il 100% delle imposte. Già nel 1976 si aprì un dibattito sul regionalismo italiano e sulle aspettative ed il ruolo che tale organizzazione (lo Stato regionale) avrebbe dovuto giocare nello sviluppo economico e nella stabilità politica dell’Italia. In questo dibattito si inserì a più riprese la Fondazione Giovanni Agnelli che con diversi seminari e studi formulò una diversa ripartizione territoriale, con la rimodulazione in maxi regioni 4 o 5 (che occasione persa!).
La parcellizzazione che ancora oggi divide l’Italia è figlia di quella cultura dei Comuni medievali, che al contrario di altre parti d’Europa, non ci ha mai abbandonato. La suddivisione in regioni così limitate territorialmente ha nel tempo portato ad impinguare il deficit dello stato, moltiplicando i centri di spesa, invece di razionalizzarli e controllarli più da vicino.
Il dibattito apertosi in questi giorni in Parlamento sul federalismo fiscale, riapre in maniera pressante un ripensamento sull’organizzazione dello stato in senso federale e non regionale con una drastica diminuzione delle regioni, per avere, come forse nelle intenzioni iniziali, delle istituzioni efficienti ed economicamente sostenibili, al contrario di quello che oggi tali Enti realmente spesso sono, cioè centri di spesa organizzati ad uso e consumo dei partiti e dei loro accoliti.