Alleanza Nazionale
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A fine aprile 1993, un articolo su Il Secolo d’Italia a firma di Francesco Storace ,allora portavoce di Fini, lancia l’idea di una nuova “Alleanza Nazionale” che veda insieme i missini con chi ha idee conservatrici, come la destra democristiana. L’idea, nell’immediato, viene bocciata, ma se ne discuterà per tutta l’estate del ’93 e, dopo l’ottimo esito del partito alle elezioni amministrative di novembre, quando il MSI diventa il primo partito a Roma e Napoli ed elegge numerosi sindaci in comuni minori, essa segna una svolta politica, tanto che lo stesso Fini, segretario nazionale, l’11 dicembre 1993 vara ufficialmente il “MSI – Alleanza Nazionale”.
Il nuovo MSI AN debutta alle elezioni politiche del 1994 come alleato di Forza Italia al Sud, con la coalizione del Polo del Buon Governo, e indipendente al Nord, riuscendo però a vincere in un solo collegio maggioritario. In ogni caso il partito è al suo massimo storico e diventa forza di governo. In questo modo, per la prima volta il Msi entra a far parte di un governo italiano, il quale, però, cadrà dopo appena otto mesi.

Gianfranco Fini, il 27 gennaio 1995, a Fiuggi, dà la cosiddetta “svolta governista” al partito, abbandonando la tradizione postfascista ed allargando il partito a cattolici e conservatori, spingendolo così verso la destra conservatrice e liberale. Ispirato dalla tesi di Domenico Fisichella, al tempo docente di scienze politiche all’Università di Firenze, il quale, nel 1992, in un articolo apparso su Il Tempo, suggerì al Msi di farsi promotore di una “alleanza nazionale” per uscire dallo stato di ghettizzazione politica in cui versava, Fini chiese a Gennaro Malgieri, giovane direttore del “Secolo d’Italia”, di stendere le tesi di un congresso rifondativo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due i passaggi più importanti: “Il patrimonio di Alleanza Nazionale è intessuto di quella cultura nazionale che ci fa essere comunque figli di Dante e di Machiavelli, di Rosmini e di Gioberti, di Mazzini e di Corradini, di Croce, di Gentile e anche di Gramsci“; e “E’ giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato“.
Nel 1996 An, nella nuova ottica bipolare della politica italiana, partecipa alla costituzione della coalizione di centrodestra insieme a FI, Ccd e Cdu (la Lega decide di correre da sola), formando il Polo per le Libertà che, però, viene sconfitto dalla nuova coalizione di centrosinistra, denominata L’Ulivo e guidata da Romano Prodi.
AN, comunque, si compiace per gli ottimi risultati raggiunti: alle elezioni del ’96 è il terzo partito italiano, dopo il PDS e Forza Italia, con quasi 6 milioni di voti e il 15,7%. Intanto i governo dell’Ulivo si susseguono: dopo la caduta del governo Prodi (1998), diventa presidente del Consiglio Massimo D’Alema, il primo ex comunista alla guida di un governo italiano, episodio che viene visto da An in maniera negativa, in quanto D’Alema non è stato eletto dal popolo (l’incarico gli viene affidato dal Presidente della Repubblica Scalfaro, ravvisata la consistenza di una maggioranza parlamentare a suo sostegno).


Alle elezioni europee del 1999, AN decide di sperimentare un nuovo progetto, estendendosi verso il centro e presentando una lista unitaria insieme al Patto Segni, movimento politico di Mario Segni, derivato della ex Democrazia Cristiana. L’alleanza, però, racimola un vistoso insuccesso elettorale, facendo cadere la forza elettorale complessiva al 10,3% (appena 3 milioni di voti) ed eleggendo 9 parlamentari europei.
L’anno successivo si svolgono le elezioni regionali: il Polo di centrodestra, che intanto aveva riconquistato l’adesione della Lega, vince in 8 regioni su 15 (fra cui tutte le maggiori regioni italiane). An recupera consensi e si attesta su un 13% complessivo. Intanto, dall’opposizione, e forti della vittoria elettorale, i partiti del centrodestra si organizzano per la campagna elettorale del 2001, accusando i governi dell’Ulivo di aver fallito nel campo della politica economica e sociale.
AN ritorna al governo, stavolta in maniera più stabile e duratura, in seguito alla vittoria che il centrodestra riscuote alle elezioni del 13 maggio 2001: la coalizione dà origine alla nuova alleanza della Casa delle Libertà, con Berlusconi come premier, e governa l’Italia per i successivi cinque anni (vedi Governo Berlusconi II e III).
Del governo entrano a far parte: Gianfranco Fini (come vicepresidente del Consiglio e, dal 18 novembre 2004, anche ministro degli Esteri), Altero Matteoli (ministro dell’Ambiente), Maurizio Gasparri (ministro delle Comunicazioni), Gianni Alemanno (ministro delle Politiche agricole), Mirko Tremaglia (ministro per gli Italiani nel mondo).
Nel corso dell’azione di governo, An si contraddistingue nella elaborazione di una nuova legge per combattere e controllare l’immigrazione clandestina, la cosiddetta Legge Bossi Fini, che prevede l’estradizione dei clandestini dopo un periodo di accoglienza nei Centri di permanenza temporanei.


Intanto si accentua lo scontro tra le correnti interne:
Destra Protagonista. Gli esponenti principali, chiamati dispregiativamente “berluscones”, sono Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri; è la corrente più vicina al presidente del consiglio Berlusconi, condividendone l’impostazione liberale. E’ la corrente di maggioranza del partito. Destra Sociale. Capeggiata da Gianni Alemanno e Francesco Storace, è l’anima sociale del partito. Nel campo economico rivendica l’economia sociale di mercato.
Nuova Alleanza. Corrente fondata dal Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli e caratterizzata dal forte appoggio nei confronti di Gianfranco Fini.
Nel frattempo il leader Fini spinge AN ad abbandonare sempre più la propria origine di partito di destra postfascista. Condanna apertamente il fascismo e il nazismo, in un viaggio in Israele, definendoli – in riferimento alla tragedia dell’olocausto – come il “male assoluto del XX secolo”, accantonando definitivamente il rischio di posizioni antiebraiche e aprendosi ad istanze prevalentemente moderate.


Queste posizioni non vanno giù ad Alessandra Mussolini, nipote del leader fascista Benito, che decide di abbandonare il partito, fondando una nuova coalizione (Alternativa sociale) insieme ad altri movimenti neofascisti.
Intanto, a giugno 2004, si svolgono le elezioni europee: AN, con circa 3.750.000 voti, si attesta sul risultato dell’11,5%, eleggendo 9 parlamentari europei. Poi è la volta delle Regionali, dove si verifica la grossa rimonta del centrosinistra, con la nuova coalizione denominata L’Unione, che conquista 12 regioni su 14. An – pur nel calo generale della CdL – si mantiene sostanzialmente stabile sulle sue più recenti affermazioni elettorali.
Intanto, dopo la sconfitta delle Regionali, il Governo entra in crisi: An chiede il rilancio dell’esecutivo, minacciando – qualche giorno dopo l’Udc – di ritirare i suoi ministri dal governo. Berlusconi è costretto a dimettersi e a costituire un nuovo governo (il Governo Berlusconi III), che ritrova l’unità della coalizione puntando ad avviare una serie di politiche per il Mezzogiorno.
Fini, Matteoli, Alemanno e Tremaglia rimangono al loro posto, Mario Landolfi prende il posto di Gasparri alle Comunicazioni (Gasparri dice di volersi dedicare all’attività politica nel partito) e Francesco Storace, reduce della sconfitta elettorale alla presidenza della Regione Lazio, viene “promosso” ministro della Salute, al posto di Girolamo Sirchia.
Un motivo di scontro all’interno del partito è generato dai referendum sulla procreazione medicalmente assistita, che si tengono il 12 e 13 giugno 2005: si tratta di quattro quesiti supportati soprattutto dai Radicali e dai partiti della sinistra italiana, che chiedono l’abrogazione di quattro parti della legge approvata in Parlamento dalla maggioranza di centrodestra. La Chiesa Cattolica scende in campo a sostegno dell’astensione, insieme ai partiti di rappresentanza cristiano democratica. Altri lasciano libertà di coscienza agli elettori.
Gianfranco Fini, a sorpresa, annuncia di voler votare tre “Sì” (con un “No” alla fecondazione eterologa), lasciando spiazzata gran parte del partito, intrisa nella tradizione cattolica e conservatrice. I rappresentanti della “destra sociale”, in particolare, criticano duramente Fini per la sua scelta e si crea così una cerchia di esponenti (denominati “colonnelli”) che sembrano chiedere la testa di Fini, soprattutto dopo l’esito fallimentare del referendum (si reca alle urne il 25% degli elettori), che premia il fronte dell’astensionismo.
La leadership di Fini, nella prima estate del 2005, viene messa in discussione. Episodio culminante della serpeggiante disobbedienza dei colonnelli è la registrazione, da parte di un giornalista, degli incauti e irriguardosi discorsi pronunciati al tavolo di un bar da La Russa, Gasparri e Matteoli su Fini, discorsi riguardanti una presunta malattia fisica e l’indebolimento del potere del presidente di An.
Ma la crisi rientra con la celebrazione di un’assemblea nazionale: essa sancisce lo scioglimento delle correnti interne, la revoca di tutti gli incarichi amministrativi del partito e conferma Fini nel suo ruolo di presidente, in nome dell’unità del partito. Uno degli ultimi atti del Governo di centrodestra è l’approvazione di notevoli riforme costituzionali sulla strada della devoluzione dei poteri dallo Stato alle Regioni, il federalismo. La “devolution”, cavallo di battaglia della Lega, viene approvata in via definitiva dal Senato il 17 novembre 2005 con il voto favorevole di An come di tutta la Cdl.
Questo episodio suscita le dimissioni dal partito di Domenico Fisichella, storico fondatore e ispiratore di Alleanza Nazionale e vicepresidente del Senato, apertamente contrario alla devolution: “C’è una storia nazionale, oltre che familiare e personale, nella quale io mi riconosco – ha detto Fisichella – che non contempla il federalismo”.
Ad un passo dalle nuove elezioni politiche del 2006, la CdL avanza la necessità di rilanciare lo schieramento. Dopo aver ipotizzato il ricorso ad eventuali consultazioni primarie per la scelta del candidato premier (ipotesi sfumata dopo l’approvazione della nuova legge elettorale proporzionale, voluta dal centrodestra), si ricorre all’ipotesi del “gioco a tre punte” che coinvolge i leader dei tre principali partiti della coalizione.
Si stabilisce, infatti, che la nomina del premier – in caso di vittoria elettorale – spetti al partito che raccoglierà il maggior numero di voti. Gianfranco Fini, presidente di An, insieme a Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini (sostenuti da Fi e Udc), è un diretto candidato. Il partito, infatti, con l’assemblea nazionale del 15 gennaio 2006 ha deliberato che, nel simbolo da presentare alle elezioni, sia presente – a caratteri decisamente visibili – il nome di Fini (in colore giallo, al di sotto dell’iscrizione Alleanza Nazionale). Nel 2008 il partito è confluito nel PDL.