Il momento di Hyman Minsky o il momento di Willy il Coyote? In quale fase realmente si trova la crisi finanziaria internazionale, volge alla fine o è solo all’inizio?
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Quindi, come dire, ce ne sono state di avvisaglie, e di scosse di avvertimento prima del grande botto.
Minsky nel suo libro del 1986 “Stabilizing an Unstable Economy”, aveva confermato l’assoluta necessità per le autorità monetarie di agire per prevenire gli eccessi dei mercati finanziari attraverso una più rigorosa supervisione sulle banche e una più restrittiva regolamentazione sull’attività delle istituzioni finanziarie.
Dopo il 1971 la liquidità addizionale è stata creata prevalentemente attraverso i cosiddetti derivati e dal 1980 il controllo sulla liquidità si è progressivamente allontanato dalle banche centrali. Si cominciò in breve a manifestare il fenomeno della illusione della liquidità, l’offerta di nuovi strumenti finanziari ha generato una domanda crescente, praticamente inarrestabile, nacque la finanza sintetica, mentre i migliori cervelli dell’economia mondiale sostenevano che proprio questi nuovi strumenti avrebbero promosso l’efficienza e incrementato la liquidità.
Dopo il 1983 si è passati dal sistema regolato dagli accordi di Bretton Woods al sistema della finanza privata, la conseguenza più visibile è stata che il più alto numero di fallimenti si è avuto a partire dal 1982, in concomitanza con l’introduzione in economia di principi di neoliberismo, sull’onda del tatcherismo e del reaganismo. In concomitanza non si è provveduto a definire alcuna misura di margine di rischio accettabile, anche perché gli esperti mondiali non si sono mai trovati d’accordo sul modo di definire il rischio per fini di supervisione e sulla sua misurazione.
Quando gli operatori si sono accorti che il sistema stava uscendo da qualsiasi controllo hanno pensato bene di risolvere i problemi finanziari con la creazione di categorie speciali di titoli, nel tentativo disperato di evitare che il contagio si diffondesse dai settori malati a quelli sani del mercato finanziario. Purtroppo le carte sono state mescolate così bene nel mazzo e le carte rovinate sono risultate in numero così elevato che il sistema delle relazioni finanziarie si è auto intossicato. Ad un certo punto nessuno sapeva con esattezza cosa stava in realtà comprando, mentre le agenzie di rating, che avevano di fatto soppiantato gli istituti di controllo statali, pubblicavano giudizi, a vanvera a quanto pare, forse stimolati verso tale comportamento anche da una certa dose di conflitto di interessi.

 

Adesso qualche critico decisamente originale ha ironicamente descritto il momento come quello di Willy il coyote, che spesso nei suoi cartoni animati continua, ostinatamente, a rincorrere la preda sopra al burrone, fino al momento in cui si accorge che sotto di lui c’è il vuoto, già da un pezzo, e cade, rovinosamente.
Ma, dal momento che alcuni strumenti di politica economica non sono più, da molti anni ormai, nella disponibilità degli stati centrali o delle federazioni, come ad esempio lo strumento del controllo monetario, c’è da chiedersi a cosa possano servire le cure palliative somministrate da alcune grandi economie, in misura spesso del tutto scoordinata da quanto stanno facendo i compagni di sventura.

Sto riflettendo da alcuni giorni sulla disgraziata eventualità che questo in realtà sia solo l’inizio, cioè che a Willy, dopo la caduta nel canyon capiti anche qualcosa di più pesante sulla testa, che lo pianti ancora più in profondità nel terreno.

E intanto sono al crollo le economie dei paesi del PIGS, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna.

Se questo dovesse avvenire la prima conseguenza credo sarebbe la delegittimazione di massa di una indistinta classe politica, tutta, di destra e di sinistra, che si è sperticata, specialmente dai primi anni novanta, a magnificare le doti della deregolamentazione, della concorrenza estrema, della abolizione dei monopoli naturali, delle privatizzazioni, del lavoro precario ecc. Gli stessi che adesso stanno, abilmente, tentando di scaricare le responsabilità sui manager, avvalendosi soprattutto di una poderosa campagna di disinformazione, nella quale si omette di comunicare che le regole che hanno portato al tracollo non le hanno fatte i dirigenti ma le lobbies economico finanziarie internazionali.

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