Giovanni Spadolini
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È in quest’ottica che fioriscono tutte le sue principali pubblicazioni storiche, a partire dal quel primo Il Papato socialista degli anni 50 fino a giungere al recente Gobetti: un’idea dell’Italia dei primi anni 90, passando attraverso la monumentale biografia Gli uomini che fecero l’Italia. Fu proprio Gobetti, apostolo della Rivoluzione liberale e martire del Fascismo, a diventare suo punto di riferimento in quella difficile opera di mediazione e di tentata convivenza tra laici, cattolici e marxisti che ha caratterizzato la sua vita politica diventando un programma politico mai scritto, ma sempre attuato. Uomo di veloci e rapidi successi a soli 25 anni è professore (senza mai essere stato assistente) di Storia Contemporanea all’Università degli studi di Firenze, incarico che manterrà fino al 1970, anche durante il periodo in cui sarà direttore (senza essere mai stato redattore) del quotidiano bolognese Il Resto del Carlino (1955-68) e de Il Corriere della Sera(1968-72).

 


Nel 1972 inizia la seconda parte della vita di Giovanni Spadolini, quella più propriamente politica: viene eletto, nella circoscrizione di Milano, al Senato della Repubblica nelle liste del Partito Repubblicano Italiano (PRI) di Ugo La Malfa, suo grande amico ed acuto uomo politico che voleva far assumere al piccolo partito mazziniano un ruolo chiave, nella difficile situazione politica ed economica del momento, facendone il ponte per il dialogo tra i maggiori partiti di massa, i particolar modo tra la Democrazia Cristiana (DC) ed il partito Comunista (PCI).
Anche nella nuova veste di uomo politico Giovanni Spadolini non abbandona la sua naturale vocazione a bruciare le tappe: nel luglio del 1972 (due soli mesi dopo l’elezione alla carica di Senatore della Repubblica) è eletto Presidente della Commissione Pubblica Istruzione del Senato, nel 1974 diventa il primo Ministro dei Beni Culturali e Ambientali della Storia d’Italia (dicastero istituito per sua volontà attraverso un decreto legge) nel IV Governo presieduto da Aldo Moro (DC) e nel 1979 è il primo Ministro della Pubblica Istruzione non democristiano nel V Governo Presieduto da Giulio Andreotti (DC).


Insieme all’impegno politico prosegue quello intellettuale e culturale: nel 1976 è Presidente del consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di Milano Bocconi e nel 1980 crea la Fondazione nuova antologia. Nel 1979 muove il leader repubblicano Ugo La Malfa e Spadolini, che si era iscritto al partito dell’Edera solo sette anni prima, ne diviene segretario dichiarandosi fautore del proseguimento lungo la linea Moro-La Malfa, ossia la linea della Solidarietà Nazionale e dell’incontro di tutte le forze democratiche con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer.
È proprio in qualità di segretario del PRI che il Senatore Giovanni Spadolini otterrà il suo massimo risultato politico: nel 1981, dopo la scandalo della P2 che aveva travolto il reticente Governo presieduto da Arnaldo Forlani (Dc), il Presidente della Repubblica Sandro Pertini (PSI) gli affida l’incarico di formare il nuovo governo: il primo guidato da un non democristiano nella storia dell’Italia repubblicana.


Dal 10 giugno 1981 al 30 novembre 1981 Spadolini guiderà due successivi governi di pentapartito (DC, PSI, PSDI, PRI e PLI) che, nonostante le reticenze del partito di maggioranza relativa e le divisioni tra democristiani e socialisti (non può non tornare alla memoria lo scontro tra Nino Andreatta, Ministro del Tesoro democristiano in carica, e Rino Formica, Ministro delle Finanze socialista in carica nel medesimo esecutivo) riesce a dare un’idea di novità nella vita politica del Paese (quella che Indro Montanelli definirà Odore di pulizia) soprattutto con l’onestà e la forza con cui Spadolini affronterà e risolverà il problema della P2 e delle sue infiltrazioni negli apparati dello Stato e servizi segreti.
Ma il clima politico, nonostante il buon risultato del PRI ottenuto nelle elezioni del 1983, in cui i repubblicani, grazie al cosiddetto effetto Spadolini, riusciranno a capitalizzare gli ottimi risultati d’immagine e d’azione derivati dai mesi di presenza del loro segretario a Palazzo Chigi ed a superare per la prima volta nella loro storia la soglia del 5 % (5,1 % alla Camera e 4,7 % al Senato) e diventando il terzo partito cittadino (alle spalle di DC e PCI e superando il PSI) in grandi città del nord come Milano e Torino.


Gli anni 80 sono caratterizzati dalla diarchia democristiano craxiana. Spadolini sarà Ministro della Difesa nei due Governi Presieduti da Bettino Craxi (4 agosto 1983 – 18 aprile 1987) e poi, nella X legislatura (1987-92) sarà eletto a grandissima maggioranza, coi voti contrari delle sole destre, Presidente del Senato della Repubblica, carica in cui verrà riconfermato nella XI legislatura repubblicana (1992-94) e sarà nominato a Senatore a vita dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel maggio del 1991, la più travagliata in cui si assisterà al dissolvimento dei tradizionali assetti politici e partitici sotto l’onda degli scandali delle inchieste per corruzione e per intrecci tra la politica e la criminalità organizzata.
Spadolini, uomo irreprensibile e di alta e cristallina statura morale, non sarà nemmeno sfiorato dal sospetto di essere minimamente collegato a nessuna tipologia di reati e saprà svolgere un ruolo di guida in questa difficile fase della storia italiana da perfetto uomo delle istituzioni, insieme ad altri statisti seppe evitare un’involuzione autoritaria e antidemocratica della crisi italiana.
Già sul finire degli anni 80 dalla privilegiata postazione della presidenza di Palazzo Madama aveva potuto assistere alla crisi del pentapartito e aveva invitato a porre rimedio a ciò attraverso le riforme istituzionali da farsi con un ampio consenso tra democristiani, comunisti e socialisti. Sfuggitogli il Quirinale (sarà eletto il democristiano Scalfaro) nel 1992 per l’offensiva del morente duopolio DC PSI, nel 1994, l’anno della vittoria di Berlusconi e della sua eterogenea alleanza e instabile (durerà solo nove mesi – 226 giorni di permanenza del Cavaliere a Palazzo Chigi) con la Lega Nord di Umberto Bossi (al Nord) e con il Movimento Sociale Italiano – Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini (al Sud), viene eletto alla Presidenza del Senato (al ballottaggio e per un solo voto di un senatore passato eletto nelle fila dell’opposizione, ma prontamente passato alla maggioranza) il berlusconiano Carlo Scognamiglio che, nell’ultima decisiva votazione, sconfigge proprio il Presidente uscente Giovanni Spadolini sul cui nome avevano fatto convergere il proprio voto i senatori del centro, della sinistra e delle minoranze linguistiche.
Umiliato dall’arroganza della nuova classe dirigente che pur professandosi liberale, non lo ha lasciato, lui che liberale era davvero e da più tempo, come ha scritto Indro Montanelli, morire sulla poltrona più alta di Palazzo Madama , perché pochi mesi dopo quello sgradevole evento il male che da mesi lo tormentava lo ha privato all’affetto dei suoi cari giovedì 4 agosto 1994.
Nel momento suprema della dipartita, triste e dolorosa, ci piace ricordarlo come fece il suo amico Indro Montanelli sulla prima pagina de La Voce: uno Spadolini istituzionale, monumentale e monumento vivente a se stesso, ma con quel piglio da ragazzo timido che lo ha sempre contraddistinto (e contribuito a rendere popolare), che sale una lunga scala fatta di libri che scompare fra le nuvole sormontata dal seguente titolo “Buon viaggio professore”.