Morta Alda Merini
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Nata a MIlano il 21 marzo 1931, da una famiglia modesta, il padre era impiegato in una compagnia di assicurazione, la madre casalinga, aveva esordito in letteratura all’età di 16 anni, è del 1953 la pubblicazione della sua prima raccolta di poesie, La presenza di Orfeo. Ciononostante ebbe notevoli difficoltà nella scuola, fu respinta quando tentò di entrare al liceo Manzoni poiché, a giudizio degli insegnanti, non aveva ottenuto la sufficienza nella prova d’italiano.

Conobbe ee ebbe modo di frequentare grandi maestri come Quasimodo, Montale e Manganelli, i quali promossero la pubblicazione delle sue opere.

Nel 1953 si sposò con Ettore Carniti, dalle nozze nacque la sua prima figlia Emanuela, al cui pediatra dedicò la raccolta Tu sei Pietro (1961). Subito dopo iniziò un periodo di alterni ricoveri, che non le impedirono di avere altri tre figli. Nel 1965 fu internata nella clinica psichiatrica Villa Turro, a Milano, definì quel periodo come “ombre della mente”, ombre con le quali convisse, sempre, ombre che la stimolarono ad intraprendere un lungo viaggio nell’animo umano.

Dopo il 1972, per sette anni la situazione psichiatrica migliora, tanto da consentirle di tornare a scrivere, soprattutto della sua esperienza (La Terra Santa).

Rimasta vedova nel 1981, nel 1983 si risposò con il poeta Michele Pierri con il quale si trasferì a Taranto. Nel 1986 tornò a Milano, definitivamente. Nel 1984 riprese la sua vita pubblica, nel 1993 ricevette il Premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale” per la Poesia, nel 1996 il Premio Viareggio, nel 1997 il Premio Procida-Elsa Morante e nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia. Agli ultimi venti anni si devono la maggior parte delle sue opere più note, “La vita facile”, “La vita felice”, “L’altra verità. Diario di una diversa”, “le parole di Alda Merini”, “Folle, folle, folle d’amore per te”, “Nel cerchio di un pensiero”, “Le briglie d’oro” e altre. Einaudi ha raccolto in “Superba è la notte” le poesie scritte tra il 1996 e il 1999. La ricorderemo, oltre che per la sua smisurata sensibilità, per il suo aspetto curatamente dimesso e per l’eterna sigaretta in mano.

Da Repubblica 1 novembre 2009

Per me guarire è stato un modo di liberarmi del passato. Tutto è accaduto in fretta. L’ultima volta che sono stata all’Istituto che mi aveva in cura per depressione mi è accaduta una cosa che non avevo mai provato. Una mattina mi sono svegliata e ho detto: che ci faccio io qui? Così è davvero ricominciata la mia vita. Ho ripreso a scrivere e ho perfino trovato quel successo che non avrei mai pensato di ottenere”. Sul successo Alda ride con voce roca e lenta e poi aggiunge: “Il successo è come l’acqua di Lourdes, un miracolo. La gente applaude, osanna e ti chiedi: ma cosa ho fatto per meritare tutto questo? Penso che la folla, anche piccola, che ti ama ti aiuta a vivere. In fondo un poeta ha anche qualcosa di istrionico e di folle. Per questo il manicomio è stato per me il grande poema di amore e di morte. Ma anche questo luogo oggi è distante. Mi capita a volte di rivederlo in sogno. Io sogno tantissimo. E tra i sogni ne ricorre uno: sono dentro a un luogo chiuso, e io che cerco le chiavi per uscire. Forse sono mentalmente ancora in quel luogo che mi ha ucciso e mi ha fatto rinascere. Mi sento una donna che desidera ancora. Oggi per esempio vorrei che qualcuno mi andasse a comprare le sigarette. Non ho mai smesso di fumare, né di sperare“.