I Cattolici in Politica
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Se dunque il problema della collocazione politica del cattolico viene affrontato alla luce di quanto detto, non appare più così ovvio che il cattolico debba scegliere lo schieramento che proclama, strumentalmente, di difendere alcuni di quei valori che la Chiesa qualifica come non negoziabili. Ma se è vero che la destra ha strumentalizzato una manifestazione a favore della famiglia, è del tutto ovvio che l’intero discorso varrebbe anche laddove la Chiesa ponesse come non negoziabili valori di cui la sinistra potrebbe farsi maggior sostenitrice, definendo ad esempio come non negoziabile l’opzione preferenziale per i poveri. Ne consegue che diviene particolarmente rilevante ai fini della scelta primaria circa i valori da promuovere, e della scelta secondaria circa lo schieramento che meglio può assicurarne la realizzazione, il momento della coscienza. Ovviamente con ciò non intendo incoraggiare una “religione fai da te” nella quale ognuno interpreta il Vangelo a suo piacimento, proiettando in esso le proprie convinzioni. Sto piuttosto alludendo ad una coscienza “rettamente formata”. La coscienza “rettamente formata” non è la coscienza che recepisce passivamente il Magistero della Chiesa o le dichiarazioni dei vescovi: con essa mi riferisco piuttosto ad un percorso costituito da un rispettoso ascolto di quanto afferma la gerarchia ecclesiastica e da una valutazione critica di questo alla luce tanto del Vangelo quanto del comune sentire dell’intero popolo di Dio. Lo Spirito Santo infatti non agisce soltanto all’interno delle mura vaticane: esso abbraccia tutto il popolo cristiano; ed è per questo che è opportuno, se non doveroso, ascoltare anche le voci critiche che provengono dagli stessi vescovi, dai teologi e dai laici tutti. Per cui la Chiesa (gerarchica) individui pure i valori fondamentali (io personalmente non li definirei “non negoziabili”) che ogni cristiano dovrebbe promuovere; ma ciascuno valuti nel profondo della sua coscienza se essi realmente corrispondono allo spirito evangelico e operi, in politica come nella società, le sue scelte alla luce delle risposte che trova in ultima analisi nella sua coscienza.
Fin qui il discorso in generale. Desidero adesso brevemente accennare ad alcune convinzioni personali che ho maturato mettendo in pratica il percorso prima individuato. In quanto personali, è superfluo dirlo, esse hanno valore solamente per me, altrimenti il rischio è quello di vanificare quanto finora sostenuto sull’importanza della coscienza. Ritengo che una scelta politica effettuata alla luce del Vangelo non possa condurre ad abbracciare uno schieramento con connotazioni clericali. Un simile schieramento infatti opera attraverso la strumentalizzazione da una parte, e la seduzione dall’altra, della Chiesa. Tutto ciò è a mio avviso profondamente contrario ad una logica evangelica, in base alla quale il cristiano dovrebbe innanzitutto amare la Chiesa, ed in virtù di questo amore, non blandirla ma correggerla laddove si profila un distaccamento dallo spirito evangelico. Allo stesso modo tendo a diffidare dagli orientamenti pregiudizialmente conservatori, con i quali spesso si mischiano invece i cristiani, in quanto secondo l’insegnamento del Concilio è “dovere permanente” della Chiesa cogliere, e farsi interpellare, dai segni dei tempi: nessuna paura della storia è così giustificata in un’ottica cristiana; occorre piuttosto avere la capacità di comprendere le nuove sfide che ogni giorno si pongono alla Chiesa in virtù dei tempi nuovi nei quali essa vive.

 

(Per approfondimenti: Congregazione per la Dottrina della Fede _ Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica)