De Gasperi: un politico europeo venuto dal futuro
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Di Massimo Liritano

Diceva Max Weber: «Tre qualità possono dirsi sommamente decisive per l’uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza. Passione nel senso di Sachlichkeit: dedizione appassionata ad una “causa”. […] Giacché evidentemente non basta la semplice passione, per quanto sinceramente sentita. Essa non crea l’uomo politico se non mettendolo al servizio di una “causa” e quindi facendo della responsabilità, nei confronti appunto di questa causa, la guida determinante dell’azione. Donde la necessità della lungimiranza – attitudine psichica decisiva per l’uomo politico – ossia della capacità di lasciare che la realtà operi su di noi con calma e raccoglimento interiore» (Max Weber, La politica come professione, in Il lavoro intellettuale come professione, traduzione italiana di Antonio Giolitti, Einaudi).
Lo scritto di Weber, tratto dal testo della celebre conferenza tenuta a Monaco di Baviera nel 1919, sembra dischiuderci inaspettati e tragici orizzonti di attualità, che vengono fuori da uno studio spietatamente efficace dell’“uomo politico” e del suo agire. Una fenomenologia “moderna”: incarnata nelle complessità e nelle contraddizioni del XX secolo, forte di una “coscienza del tragico” che dovrebbe essere, per Weber, la qualità morale fondamentale di ogni personalità politica.
Guardare alla storia recente attraverso una prospettiva così esigente ed elevata potrebbe riservarci, purtroppo, non liete scoperte. Eppure, vi è stato anche per noi italiani un momento “eroico” della vicenda repubblicana, in cui la “coscienza del tragico”, il senso di responsabilità storica, la passione profonda ma lungimirante per una “causa”, hanno potuto tracciare sentieri decisivi per la nostra stessa identità politica.

Il ritratto di un grande statista
Alcide De Gasperi è certamente, in tal senso, uno dei più significativi rappresentanti e testimoni di quella che è stata, e che è ancora, la storia italiana. Riconsiderare oggi la sua figura, come ci consentono di fare in maniera assai stimolante ed approfondita il bellissimo catalogo della mostra tenutasi al Vittoriano alla fine dello scorso anno (Alcide De Gasperi. Un europeo venuto dal futuro, a cura di Maria Romana De Gasperi e di Pier Luigi Ballini, Rubbettino, pp. 208, e 30,00) e la monografia precisa e puntuale di Alfredo Canavero (Alcide De Gasperi. Cristiano, democratico, europeo, Rubbettino, pp. 136, e 10,00), può certamente servire, dunque, anche a chi di quegli anni non è stato testimone, per comprendere meglio la precarietà e la miseria del nostro presente.
Una lezione morale e politica, che induce soprattutto al rispetto per l’uomo, per le sue qualità indiscusse, per la sincerità del suo vivere non “di” politica ma “per” la politica medesima.
Scrive infatti Weber: «Chi vive “per” la politica, fa di questa, in senso interiore, la propria vita»; mentre al contrario «“di” politica come professione vive chi tende a farne una duratura fonte di guadagno».
Uomo di confine, alieno a ogni vanità e ad ogni culto dell’immagine, vissuto in tempi in cui “prendere parte” significava spesso scommettere la propria vita, rischiare i propri affetti, sacrificare ogni altra ambizione alla via dura e stretta delle persecuzioni antifasciste, dell’incomprensione della Chiesa, della difficoltà di realizzare concretamente, con passione e lungimiranza, ciò che pure si crede giusto e necessario. L’orrore per la guerra, per la dittatura, per la miseria patita, condusse, dunque, De Gasperi ad affrontare un cammino sempre complesso, mai semplicemente piano e glorioso, che pure tante soddisfazioni, seppure miste ad amarezza, gli avrebbe infine dato.

L’alleanza tra De Gasperi e Togliatti
La nascita della Repubblica Italiana, dalle ceneri della Seconda guerra mondiale e dagli strascichi del Fascismo e della Resistenza, può essere perciò considerato forse il momento cruciale della sua esperienza di statista. Chiave di volta di questo drammatico periodo storico fu l’alleanza con il Pci di Palmiro Togliatti; un’intesa onesta e strategica, sincera e leale, tra due grandi uomini politici che seppero rispondere, prima che ad ogni altra “fede” ideologica, al dovere ineludibile di fondare un futuro di pace e di democrazia per un paese lacerato nel profondo dalle violenze fasciste, con il loro carico inevitabile di odio e di soprusi, di corruzione e di vendette.
Un momento veramente “eroico” della storia politica italiana, il cui più alto prodotto è ancora la nostra Costituzione: forte e vibrante, nel suo intimo, di questo generale senso di responsabilità civile e morale, e che proprio perciò appare oggi così difficile e pericoloso tentare di “riformare”. Esempio unico di un “compromesso storico” tra tradizioni e culture diverse ma non inconciliabili, che non significò affatto un esercizio di banale “trasformismo”, e che nulla ha a che fare con i tanti mediocri compromessi del presente, laddove unico collante sembra ormai essere il “potere”: la sua conquista e la sua conservazione.
De Gasperi e Togliatti seppero invece, in più circostanze, anteporre il fine politico, la responsabilità per il presente, ad una troppo facile logica della demagogia e della contrapposizione frontale, che avrebbe presto potuto ricondurre il paese nel buio della guerra civile.
Compromessi elevati, dunque, convergenze capaci di affinare e migliorare le reciproche differenze, tenendo insieme esigenze diverse e rispondendo così, nel modo più fedele possibile, alle tante diversità che chiedevano di essere rappresentate.

Una lungimirante idea europeista
Infine, l’Europa: l’altro grande momento eroico dell’esperienza politica e umana di De Gasperi, la meta finale alla quale tutto il suo operato volle tendere, come a un possibile, utopico, punto d’approdo che fu, e che è, ancora oggi, al tempo stesso “fondamento”: “nuovo inizio”, “aspirazione ideale” verso la quale porsi in cammino, nel nome di una comune eredità culturale e di un possibile futuro condiviso. Processo di una costruzione lenta e faticosa, che non può certo tradire quella che è, in fondo, la sua stessa essenza. Poiché, come insegna Massimo Cacciari, «vi è un’ambivalenza nel cuore d’Europa»: essa è tale che nessun mito imperialistico dell’unità ha mai potuto resistere, troppo a lungo, al potere inarrestabile delle lacerazioni, delle differenze, di quella conflittualità permanente che è stata spesso strumento inesauribile di creatività per lo spirito europeo. Quest’ultimo, quindi, non è semplicemente da restaurare e riesumare, quanto piuttosto da “ripensare”; in una virtualità che è fatta dell’esplodere ormai innegabile delle diversità e delle molteplicità di cui la nuova identità europea si nutre.
Momenti eroici, dunque, che con tutto il loro, comunque innegabile, carico di contraddizioni e di complessità, sono per noi oggi immagine nostalgica di un “eroismo politico” di cui quanto mai avremmo bisogno.

DE GASPERI, UN EUROPEO VENUTO DAL FUTURO

In sua memoria una mostra in Palazzo Medici Riccardi
Domani, 19 agosto, ricorre il 51esimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi, il grande statista artefice della ricostruzione del Paese nel secondo dopoguerra. Il Presidente della Provincia Matteo Renzi ha annunciato oggi che per ricordare De Gasperi la Provincia di Firenze, con la Fondazione a lui dedicata e la Regione Toscana, promuoverà dal 19 settembre al 10 ottobre la mostra ‘Alcide De Gasperi – Un europeo venuto dal futuro”. L’esposizione sarà allestita in Palazzo Medici Riccardi, in via Cavour 3, e aperta tutti i giorni, escluso il mercoledì, dalle 9 alle 19. Per De Gasperi, la cui lezione torna di grande attualità, “lo Stato deve essere formato su una base morale. Ma ciò non gli può derivare che dal popolo… Bisogna vedere la società non come qualcosa di statico da cristallizzare ma di dinamico da rinnovare, in modo ce la distribuzione della ricchezza diventi più equa e più giusta e le riforme siano fatte secondo le necessità del popolo”.