Finanziaria da stregoni
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(Pubblicato in: La Discussione, 20/10/2006)

La classica lanterna in mano ai cecati, di napoletana memoria, così sembra essere usato lo strumento della legge finanziaria 2007, attorno alla quale il Governo celebra un tragico sabba, nel vano tentativo di esorcizzare lo spirito dello sviluppo economico. Tuttavia i ministri stregoni, guidati da un mago economista, non azzeccando la formula giusta, continuano a blaterare mentre la pozione scuoce e l’economia italiana velocemente langue. Mi provoca una sensazione di disagio e di insicurezza sentire pronunciare in continuazione dal Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché docente di economia, lamentele sull’enorme debito pubblico accumulato soprattutto durante la vituperata Prima Repubblica. Egli semmai sarebbe tenuto a spiegarci che il debito può essere fattore di arricchimento e che non esiste per definizione un ammontare di debito, pubblico o privato, che si possa ritenere critico, esiste semmai una misura di sostenibilità del rimborso , e quest’ultima dipende dalla capacità di un sistema di generare liquidità corrente, sviluppo e crescita economica. Questi tre obbiettivi intermedi di programmazione economica si perseguono principalmente puntando a livelli elevatissimi di standard di qualità, ricerca scientifica ed applicazione della innovazione. Elevatissima specializzazione ed innovazione si impongono in Italia e nell’area euro a causa della competizione mondiale aperta dell’avvento della cosiddetta globalizzazione, cioè dell’adesione al WTO di un numero crescente di nazioni. I paesi più esposti al rischio recessione sono quelli più presenti nei settori maturi, come tessile, abbigliamento, meccanica e automobilistico. Questi hanno subito una fortissima caduta dei prezzi di taluni prodotti realizzati a basso costo nell’area asiatica. Si impone quindi l’obbligo di sviluppare politiche europee che favoriscano l’investimento nei settori tecnologicamente avanzati.


Purtroppo nel testo della manovra finanziaria 2007, sotto la voce “misure di sviluppo”, troviamo solo un pensierino, nemmeno degno di un modesto contabile di provincia, come la riduzione del cuneo fiscale, ovvero la riduzione del costo del lavoro a carico delle imprese, cioè la riduzione anche e soprattutto dei contributi previdenziali, che apporterà elementi di deterioramento alle rendite da pensione di qualche prossima generazione. Il disegno di manovra finanziaria presentato dal centrosinistra contiene inoltre fortissimi elementi di neoliberismo, in alcuni passaggi sembra scopiazzato dai precedenti governi della Casa delle Libertà, magari peggiorato un po’ qua, un po’ là, nella straordinaria ossessione di personalizzare una sfacciata lista di adempimenti verso alcune lobbie, tradisce una scarsissima attenzione alle stringenti necessità della persona e una forte compromissione della situazione delle future generazioni.
Sembrano ormai incagliati sullo scoglio del rigore e dei vincoli ragionieristici sui bilanci pubblici. Ma se è pur vero che questi ultimi sono elementi dello sviluppo, si ricordino i signori del Governo che senza sviluppo vero non ci sarà rigore finanziario in grado di risollevare l’Italia, né sarà possibile fare riforme strutturali, non è tirando gli altri verso il basso che si diventa più alti, non è con gli espropri di reti televisive che si realizza più pluralismo, tutto questo si può fare solo con la crescita complessiva di un sistema.
Un Governo responsabile che avesse veramente a cuore lo sviluppo dell’intero asse economico nazionale, e non solo quello degli amici portatori di interessi particolari, punterebbe sullo strumento di più immediata efficacia, al fine di far ripartire il PIL italiano ed europeo, il riequilibrio del cambio euro/dollaro, ovviamente da perseguirsi in sede di Commissione Europea e BCE. L’euro è passato da un rapporto con un dollaro di 0.80 a inizio 2002 a 1.30 a inizio 2005, con una rivalutazione di oltre il 50%, ponendosi come elemento di rallentamento della crescita in Europa. Il professore di economia Prodi potrebbe dirci che se la BCE, opportunamente stimolata da chi governa i singoli paesi UE, riducesse i tassi di interesse, progressivamente, dello 0,25 per ciascuno dei prossimi 4 anni, si genererebbe un ritorno alla parità dell’euro con il dollaro, una crescita complessiva del PIL di oltre il 6% e un rapporto deficit/PIL inferiore all’1%.


Ignorando questa possibilità di manovra sarà pressoché impossibile riportare il rapporto deficit/PIL sotto il 3%. Eppure questo consesso di miopi perseverano a puntare sugli strumenti sbagliati come il taglio del deficit, che da solo frena ulteriormente la crescita e compromette ulteriormente l’equilibrio finanziario. Per non parlare poi di misure che rappresentano vere e proprie mine vaganti, come l’introduzione di due livelli, salati, di ticket sul pronto soccorso ospedaliero, elemento che penalizza fortemente il principio, etico ed economico, della prevenzione nella sanità pubblica.
Ci troviamo al cospetto di un disegno di finanziaria sostanzialmente poco originale, inefficace e dalla vista cortissima, con un numero troppo esiguo di punti di forza. In realtà i modesti sgravi fiscali prospettati ai lavoratori dipendenti saranno più che assorbiti da un variegato catalogo di balzelli, mentre i livelli occupazionali e il sistema produttivo italiani saranno sempre più esposti alla fortissima concorrenza dei mercati emergenti. Intanto anche gli industriali amici del Professore vanno a produrre scarpe i Cina a 10 euro per rivenderle in Europa a 100, o più.