Il vero nemico da battere: l’antipolitica
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(Pubblicato in: La Discussione, 31/05/2006)

Come non ricordare a questo punto la preoccupata espressione con cui Vincenzo Scotti ammoniva, inascoltato, i colleghi del pentapartito, “qui casca tutto”, riferendosi al golpe giudiziario che dal 1991 si andava lentamente volgarizzando nell’operazione “Mani Pulite”. Ora che, a 12 anni da quella funesta epurazione, l’Italia è condotta, alternativamente, da due incerte coalizioni politiche, praticamente incapaci di assumersi la responsabilità di scelte incisive ed efficaci, mentre il paese scende inesorabilmente la china di qualsiasi classifica possa venire in mente.
Parafrasando Goethe potremmo dire che, hanno preteso di scacciare il maligno e ci sono rimasti tutti i malvagi più piccoli, ma tanto più piccoli, favorendo l’avvento dell’antipolitica. Le attuali classi dirigenti dei partiti trovano comodo giustificare la serie interminabile di fallimenti che collezionano, senza sosta, con la cosiddetta pesante eredità ricevuta dalla Prima Repubblica, dimenticando che quel cinquantennio segnò un periodo di profondo riformismo, prima sotto la guida di De Gasperi, dal 1947 al 1953, poi con gli altri governi democristiani. Tutti allora fecero quello che andava fatto e non giustificarono mai un insuccesso con il pesante fardello, quello si, lasciato dal ventennio fascista. Quindi saluto con grande felicità il ritorno nel Parlamento italiano di alcuni “grandi demoni” che furono subdolamente cacciati dal golpe di Tangentopoli, come l’On. Cirino Pomicino, rientrato dopo una coraggiosa e impegnativa campagna elettorale, candidato nella piccola Democrazia Cristiana per le Autonomie, sicuro che metterà a disposizione tutta la sua esperienza e astuzia per ricostruire, insieme ad altri, un forte partito popolare dei moderati..
La vera contrapposizione che ci si appresta a sostenere nei prossimi anni non sarà più tra comunismo e liberalismo, ma tra gli aspetti più tragici di quest’ultimo, venuti in superficie dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, e quel modello socialdemocratico di economia mista che fu il motivo del successo della Democrazia Cristiana. Occorrerà preparare una nuova via europea allo sviluppo, in grado di superare la fondamentale ipocrisia del liberalismo storico di tipo anglosassone, incentrato sulla rivendicazione del massimo della libertà per ogni individuo e sulla contemporanea negazione della stessa dignità umana per gli schiavi sui quali prosperarono le sue prime fortune economiche.
La politica dovrà tornare a progettare al forma di organizzazione sociale ed economica e a definire una misura di responsabilità delle imprese, le quali non possono continuare a vivere in un limbo di egoismo in cui esista l’unico obiettivo del fare profitti. Vi sono aspetti etici connessi con l’attività di impresa che vanno dalla tutela dei diritti umani alla preservazione dell’ambiente naturale che spostano la responsabilità dell’attore economico dai propri azionisti ad un vasto panorama di “stakeolders”, che al tempo stesso fanno aumentare i costi delle aziende e per questo spetta ai governi stabilire standard e strumenti di controllo. Le stesse privatizzazioni, tanto care a quella cima di economista di Prodi, hanno generato fortissime concentrazioni industriali anziché aumentare la libera concorrenza tra le imprese. Le più eclatanti aberrazioni si sono avute nel settore energetico, in tutta Europa, dove ad esempio Edf controlla l’85% del mercato dell’elettricità francese, mentre la franco-belga Electrabel, controllata da Suez, domina il settore del gas in Belgio. In Germania quattro società controllano il 70% della produzione e della trasmissione dell’elettricità. Mentre in Italia si vive l’incubo della cosiddetta Sindrome di Carlo VIII, per cui chiunque scende nel bel paese per conquistare una banca o un gruppo industriale, facile bottino lasciato indifeso da una classe di industriali rammolliti. Così Bnp – Paribas si è interposta nello scontro Bbva –Unipol conquistando la BNL, mentre ha una partecipazione consistente nella Cassa di Firenze, il Credit Agricole possiede il 18% di Bancaintesa, la franco belga Dexia ha rilevato il Crediop. Tuttavia quando Sanpaolo IMI ha provato a fondersi con Dexia ha trovato un muro e nel settore dell’energia Edf ha comprato l’italiana Edison ma Enel non può comprare Suez.
Insomma l’attuale classe dirigente Italiana, politica e imprenditoriale, non mi pare possa dare lezioni proprio a nessuno, anzi ha dimostrato grandi capacità solo nell’allevare una serie di furbetti vari, bravi solo a fare fallimenti.

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