Pietro Nenni
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Pietro Nenni nasce a Faenza il 9 febbraio 1891. Di famiglia povera, è orfano di padre giovanissimo e la madre è costretta ai lavori più umili per mantenerlo agli studi. Repubblicano nel 1908, contrario alla guerra di Libia nel 1911, in quello stesso anno diviene segretario della Camera del Lavoro di Forlì. E’ protagonista nel 1914 della settimana rossa di Ancona, viene arrestato e conosce il carcere insieme ad un altro illustre romagnolo, Benito Mussolini.


Si dichiara interventista rivoluzionario in occasione della Prima Guerra Mondiale e parte volontario per il fronte, dove combatte come sergente bombardiere. Nel 1921 aderisce al Partito Socialista schierandosi con la corrente massimalista di Serrati e nel 1923 è nominato direttore del quotidiano del partito l’Avanti. Con l’avvento del fascismo è costretto all’esilio a Parigi, dove collabora a diversi giornali e diventa uno dei dirigenti del fuoriuscitismo italiano, in qualità di segretario del Partito Socialista in esilio (1931-1939) e di membro del comitato esecutivo dell’Internazionale Socialista. Durante la guerra di Spagna nel 1936 è commissario politico nelle Brigate Internazionali e combatte a fianco di democratici provenienti da tutto il mondo. Dell’esperienza spagnola rimangono storiche testimonianze nei Diari personali e in un libro dal titolo significativo “Spagna”, in cui, oltre a narrare le vicende storiche e politiche della guerra civile, vi è una raccolta di suoi scritti che danno bene il senso di ciò che la vicenda spagnola ha rappresentato nella storia europea e nella vita degli antifascisti.


Tornato in Francia viene arrestato dai tedeschi e consegnato alle autorità italiane, che lo confinano a Ponza, nel febbraio 1943, dove resta fino alla caduta di Mussolini (25 luglio 1943). Al congresso del PSIUP, Partito Socialista italiano di Unità Proletaria) del 25 agosto viene nuovamente nominato segretario e direttore dell’Avanti, carica che ricopre fino al 1948. Da questo momento in poi è uno dei dirigenti antifascisti più popolari.
Nel 1945 diviene vicepresidente del Consiglio con Ferruccio Parri. E’ poi deputato all’Assemblea Costituente, e ministro degli Esteri nel primo governo De Gasperi (1946-47). In quegli anni si trova a gestire la difficile situazione di un partito che, pur con una vasta base popolare, non riesce a trovare una sua identità, stretto tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista.


Nel gennaio 1947 assiste impotente alla scissione che porta alla creazione del Partito Socialdemocratico. Fermamente convinto dell’unità della classe operaia, subordina spesso la politica socialista a quella dei comunisti di Togliatti.
E’ a favore del Fronte Democratico Popolare con il PCI alle elezioni del 1948 e solidale con l’URSS fino al 1956 quando si oppone alla repressione della rivoluzione ungherese e rompe con il mondo comunista.


Con De Gasperi, pur nel contrasto delle diverse linee politiche, mantiene sempre un rapporto di cordialità testimoniato anche dalle pagine dei suoi diari.
Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta è fautore dell’incontro con i cattolici attraverso la formula del centro sinistra, riuscendo, con molte difficoltà, a traghettare il partito verso l’alleanza di governo con la DC. Senatore a vita dal 1970, l’ultimo suo significativo atto politico è l’appoggio dato al fronte divorzista nel referendum del 1974. Muore il 1 gennaio 1980.