La Teutoburgo dell’Europa
Print Friendly, PDF & Email

(Danilo Stentella, 2020 ©)

Non esiste una istituzione che si chiama Europa, se non nella forma di un improprio metodo di governo

L’effimera e burocratica decadenza dell’Unione Europea, più evidente in questi giorni di peste da Covid 19, spingerà i civili, colti e maltrattati stati dell’Europa del sud a decidere di presentare il conto alla nomenclatura realista europea?

Confido che pure i meno assidui abbiano compreso come concretamente non esiste una istituzione che si chiama Europa, se non nella forma di un improprio metodo di governo, esercitato per mezzo dell’uso di una moneta comune, privata e non pubblica, della adozione seriale di politiche neoliberiste prevalentemente restrittive, che hanno ridotto la sovranità degli stati e alcuni diritti sociali faticosamente conquistati negli ultimi poco più che cento anni, sostituendoli spesso con sacrifici dettati dalle ragioni del mercato. Questo discutibile demiurgo che fatica a riconoscere la felicità delle persone, addirittura più disumano di certe divinità mesopotamiche, ha uno squisito sacerdote anche nel tedesco Klaus Regling, l’amministratore delegato del MES, che ha invitato Italia e Spagna a “mettersi in ginocchio” per le conseguenze disastrose del coronavirus[1].

Le architetture troppo fragili ma troppo ingombranti tendono a crollare anche sotto deboli sollecitazioni, figuriamoci se arriva una pandemia, quando, come nel nostro caso si è evidenziato come la neoliberista sanità privata nel suo complesso non è in grado di salvare vite, mentre negli ospedali pubblici per decenni erano state chiuse tante corsie, numerosi ospedali, ed erano stati assunti pochissimi medici e infermieri.

La sostanziale inefficacia dell’apparato similsovietico europeo delinea la Teutoburgo dell’Unione Europea.

Gli esercizi per i glutei della Lagarde[2] e la sua gaffe istituzionale, increscioso e dannoso esordio alla guida della BCE che ha fatto impennare il famigerato spread e crollare gli indici azionari[3], o il rifiuto della Polonia di far volare sui suoi cieli gli aerei della Federazione Russa che portavano aiuti all’Italia, sono altri validi motivi di riflessione sul tipo di Golem che è stato creato da esecrabili interpreti del pensiero dei padri fondatori, che quel pensiero hanno spoliticizzato mentre lo rendevano una cosa diversa, un dogma di finanza.

Gli esperti di glutei desiderano i popoli europei inginocchiati innanzi all’altare delle banche, poco importa che non esista compiutamente una Unione Europa, che altrimenti sarebbe stata organizzata su solide basi federali, con una vera banca centrale pubblica, con un sistema fiscale e di finanza, un esercito, un servizio sanitario, una rete di formazione accademica, da uno di tutto, per tutti, pure nelle differenze di tutti, che sono una grande ricchezza.

Ci vuole più Europa” sembra ormai l’esortazione a somministrare la dose letale al tossicomane, poiché abbiamo verificato proprio in questi giorni quanto inutili e talvolta dannose siano le politiche di austerità che l’apparato ci impone, poiché non avevamo abbastanza posti letto negli ospedali, non abbastanza medici, né abbastanza farmaci, tamponi, mascherine e altri presidi, ma soprattutto non abbiamo adottato una strategia di profilassi sanitaria comune. Quante delle migliaia di morti per e con coronavirus sono da attribuirsi ai tagli effettuati nel servizio sanitario e quindi quanti responsabili di quei tagli dovrebbero essere perseguiti per strage?

Paradossalmente le peggiori conseguenze paventate dai novelli Goebbels, ministri della propaganda dell’Unione, in caso di uscita dalla comunità, le stiamo soffrendo sulla nostra pelle restando, da oltre 25 anni, in una sequenza infinita, anzi con la ratifica di ulteriori trattati e accordi sono paventate ulteriori sventure. Proprio uno dei pilastri della propaganda del noto gerarca nazista, il principio della semplificazione e del nemico unico, è stato ripreso dall’apparato teologico dell’Unione, che pontifica di arbitrarie e antiscientifiche percentuali di vincoli di bilancio e di lotta al Leviatano dell’inflazione, unici responsabili della maggior parte dei mali. Un altro fondamento, il principio dell’unanimità, vuole far credere che le opinioni espresse dai capi siano condivise da tutto il mondo politico, intellettuale ed economico. Ma probabilmente il più acuto metodo di propaganda di quella gente là è la semplice aggregazione di tutti gli oppositori del pensiero unico in una unica categoria, nel nostro caso chiunque si oppone alle politiche neoliberiste dell’Unione viene definito populista, assegnando in modo improprio a questo termine una connotazione di destra, sebbene il populismo trae la sua origine da un movimento prerivoluzionario russo di sinistra. Il principio della trasposizione, per chiudere, trasferisce sull’avversario i propri errori, e così si convincono i popoli che tanti guai dell’economia dipendono ad esempio anche dagli emolumenti dei deputati, il cui numero deve essere ridotto, magari progressivamente, e dai costi della politica[4].

I medium di questa propaganda sono generalmente personaggi comunemente percepiti come vicini alla gente, carismatici, spesso comici o ducetti da strapazzo, ai quali viene dato il massimo accesso ai media.

In conclusione, forse preserveremo sodi i nostri glutei, mentre dei disinvolti burocrati continueranno a servirsi degli efficaci metodi propagandistici del nazista Joseph Goebbels.

Per riprogettare l’Europa, invece, bisognerà tornare ad Altiero Spinelli & Co., prima che questa Teutoburgo diventi una definitiva Maratona.

__________________________

[1] Cfr., Coronavirus, MES e eurobond, il falco tedesco Regling: “Italia e Spagna devono mettersi in ginocchio”, Libero Quotidiano, 24.3.2020;

[2] Cfr., Luca Bolognini, Lagarde segreta: io, la palestra e il sesso, quotidiano.net 24.4.2019;

[3] Cfr., Federico Fubini, BCE, Lagarde e la gaffe che fa esplodere lo spread, Corriere della Sera, Corriere.it, 12.3.2010;

[4] Cfr., Leonard William Doob, Goebbels’ Principles of Propaganda, in The Public Opinion Quarterly, Vol. 14, No. 3, Autumn, 1950, pp. 419-442.

[pdf id=6695]

Articoli precedenti sull’argomento:

[pdf id=6716]