Le Province italiane. Cenni storici.
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1.1 Cenni storici (Di Antonio Muffari)

Dal punto di vista della vigente Carta Costituzionale, in Italia, la Provincia costituisce un ente locale territoriale il cui territorio è per estensione inferiore a quello della regione (della quale, a sua volta, fa parte) e comprende il territorio di più comuni (titolo V della parte II della Costituzione, artt. 114 ss. e in fonti primarie e secondarie che attuano il disposto costituzionale). Ma di provincia si era parlato già all’epoca dell’Impero Romano nel quale esisteva una divisione amministrativa denominata “provincia” che identificava i territori conquistati (pro victae) amministrati da un magistrato (proconsole). In tempi più recenti, nel contesto del primo stato unitario la Provincia comincia a caratterizzarsi come ente intermedio tra il Comune e lo Stato. Nello Stato unitario la legge n°3702 del 23 dicembre 1859, confluita nella legge n°2248 del 1865 decreta il livello provinciale come il livello preferito dal potere politico centrale con l’obiettivo di legittimare l’ordinamento provinciale sabaudo (di origine francese) per fornire una struttura amministrativa a tutto il Paese, facendo diventare la Provincia “una grande associazione di comuni destinata a provvedere alla tutela dei diritti di ciascuno di essi ed alla gestione degli interessi morali e materiali che hanno collettivamente tra loro”. I successivi tre Testi unici delle leggi comunali e provinciali (n°5981 del 10 febbraio 1889, n°269 del 21 maggio 1908, n°148 del 4 febbraio 1915) delineano un’evoluzione delle Province come enti dotati di una limitata autonomia che si espande lentamente con il passare del tempo e rompe lo stretto collegamento tra l’ente Provincia e la Prefettura.

Con il Regio Decreto n°2839 del 30 dicembre 1923 e la legge n°2692 del 27 dicembre 1928, a scapito delle autonomie locali, si riaccentrano i poteri pubblici nelle mani dei Prefetti e del poterepolitico centrale. Il fascismo costituisce un’ulteriore interruzione al processo di autonomia locale: glienti perdono il principio dell’elettività e di rappresentanza e i vertici (di Comuni e Province) sono nominati direttamente con decreto reale. È con il Testo Unico n°383 del 3 marzo 1934 che si consolida l’ordinamento delle Province. LaProvincia viene definita“ente autarchico territoriale” con il riconoscimento della personalità giuridica e una limitata autonomia istituzionale. La legge di riforma delle autonomie locali (n°142 del 8 giugno 1990) rappresenta la prima coerente attuazione dei principi di autonomia prefigurati nella costituzione1 e definisce la Provincia nella funzione di “ente locale intermedio fra Comuni e Regioni” che “cura gli interessi e promuove lo sviluppo della comunità provinciale”. La medesima legge introduce anche, nel quadro amministrativo, un nuovo ente territoriale “l’area metropolitana” individuandone le funzioni e i compiti di programmazione e regolandone le forme associative e di cooperazione tra i comuni. In particolare (art. 17) tale legge individua “le aree metropolitane” come le zone comprendenti i comuni di Roma, Milano, Napoli, Torino, Venezia, Bologna, Genova, Firenze e Bari e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali della vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.

Le Province, frutto di complesse vicende storiche e politiche, passano attraverso variazioni territoriali2 ed amministrative verificatesi sul territorio nazionale (trasformazioni, acquisizioni, soppressioni e nuove istituzioni), dalle iniziali 58 presenti all’Unità d’Italia alle odierne 110 autonomie che compongono l’articolato mosaico delle identità italiane che si intrecciano con la storia più profonda delle istituzioni italiane. Nel 1861 il territorio del Regno d’Italia senza i territori della regione del Veneto, di parte della provincia di Mantova a sinistra del fiume Oglio, del Friuli Venezia Giulia, del Trentino-Alto Adige e del Lazio (tranne i circondari di Rieti, allora in provincia di Perugia, Cittaducale in provincia dell’Aquila, Gaeta e Sora in provincia di Terra di Lavoro) era suddiviso, ai confini attuali, in 58 amministrazioni provinciali. Nel 1866, a seguito della terza guerra di indipendenza, con l’annessione dei territori del Veneto, del Friuli e del mantovano (precedentemente appartenenti all’Impero Austriaco), vengono inglobate 8 province asburgiche: Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, Udine. Nel 1868 si aggiunge la provincia di Mantova e nel 1870 quella di Roma, portando a 69 il numero complessivo di province del Regno d’Italia. Nel 1920, a seguito della prima guerra mondiale conclusasi con l’annessione della Venezia Tridentina (fino al Brennero) e della Venezia Giulia (da Trieste a Zara esclusa Fiume) viene istituita la provincia di Trento e nel 1923 le tre province della Spezia, di Trieste e dello Ionio. Nel 1924 vengono istituite le Province di Fiume (o Carnaro), di Pola e di Zara, portando il numero delle province a 76, successivamente perse a causa delle note vicende storiche. Nel 1927 si aggiungono altre 17 Province: Aosta, Vercelli, Varese, Savona, Bolzano, Gorizia, Pistoia, Pescara, Rieti, Terni, Viterbo, Frosinone, Brindisi, Matera, Ragusa, Castrogiovanni, (ora con il nome di Enna), Nuoro e viene soppressa provincia di Caserta. Segue nel 1934 la costituzione della Provincia di Littoria (oggi Latina) e, nel 1935 la provincia di Asti. Nel 1941, a seguito dell’aggressione alla Jugoslavia, la provincia di Zara entra a far parte del Governatorato della Dalmazia (comprendente le province di Zara, Spalato e Cattaro), mentre nell’odierna parte centrale della Slovenia occupata dall’Esercito Italiano viene istituita la Provincia di Lubiana. Queste modifiche portano le province del regime a 95 (escluse le zone di occupazione, i governatorati e le colonie). Alla fine della seconda guerra mondiale (nel 1945) la provincia di Aosta viene rinominata Valle d’Aosta, quella di Littoria cambia nome in Latina e viene restituita la provincia di Caserta precedentemente soppressa. Nel 1946, il Regno d’Italia si conclude con la proclamazione della Repubblica l’Italia, il totale delle province effettive raggiunge quota 91. Nello stesso anno la provincia di Apuania viene rinominata provincia di Massa Carrara. Nel 1947, con il Trattato di Parigi del 10 febbraio, l’Italia perde le province dell’Istria, del Carnaro (Fiume) e la Dalmazia nonché parte del territorio di quelle di Trieste e Gorizia, mentre la stessa provincia di Trieste (che consisteva della città di Trieste e di una stretta fascia di territorio nella parte settentrionale dell’Istria) viene occupata in Territorio Libero dalle forze statunitensi e britanniche e di fatto esclusa dall’Italia. La Provincia di Aosta è stata soppressa con il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 545 del 07/09/1945 da Umberto di Savoia e trasformata in Regione Autonoma. A fini statistici e di organizzazione delle informazioni viene, usualmente riportata come Provincia, anche se i dati concidono con quelli della Regione Autonoma a statuto speciale della Valle d’Aosta. Nel 1948 la provincia della Valle d’Aosta viene soppressa e ne vengono trasferite le competenze alla neonata Regione Autonoma.

Nei successivi 30 anni si segnalano: la ridenominazione, nel 1951, della Provincia dello Ionio in Provincia di Taranto e nel 1954 il rientro in territorio italiano della Provincia di Trieste. Nel 1968 viene istituita la Provincia di Pordenone, cui segue nel 1970 quella di Isernia e nel 1974 quella di Oristano, per un totale di 95 province (inclusa la Valle d’Aosta). Nel 1992 si aggiungono, altre 8 Province: Verbano-Cusio-Ossola, Biella, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone, Vibo Valentia. La Provincia di Forlì viene rinominata Forlì-Cesena. Nel 2001 la Regione Autonoma della Sardegna istituisce 4 Province: Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias. Nel 2004 vengono istituite le ultime 3 province: Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria Trani. (tratto da: Atlante Statistico delle Province d’Italia). Dopo un doveroso excursus storico, arriviamo ai giorni d’oggi con la Legge 7 aprile 2014, n. 56, disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, meglio conosciuta come DDL Del Rio. Con la suddetta normativa non sono state abolite le province, come qualcuno vuole far intendere, ma sono state, quasi del tutto, svuotate delle competenze e dei trasferimenti per la loro sopravvivenza. Tutto ciò serviva a Renzi per dare seguito ad uno dei tanti slogan che ha lanciato in questi mesi e così è nato il decreto Del Rio. Come sempre in Italia, non si è avuto il coraggio di fare una riforma degli enti locali in modo organico e complessivo ed in questa fase politica, contraddistinta da un raptus riformatore, si è partorito un vero e proprio aborto. Bastava forse come detto ridisegnare i territori delle province e passare dalle attuali 110 al massimo a 50 province. A maggior ragione che, in questi ultimi tempi, si parla sempre più frequentemente di ridisegnare i confini territoriali delle regioni, in macro aree, la presenza di province quale ente intermedio sarebbe stato utile. Ci sarebbe stato il risparmio di risorse promesso, senza rinunciare ad un Ente di collegamento tra Comuni e Regioni che spesso spadroneggiano sulle comunità locali.

Ma la logica non alberga nelle menti dei nostri politici che pur di perseguire i loro obiettivi, spesso incomprensibili anche alle menti più raffinate, raffazzonano leggi e decreti in un’orgia normativa che, invece di semplificare, sta ingessando sempre più l’Italia.